Dolci poveri o poveri dolci?
L'invasione di merendine confezionate, cioccolatini, caramelle e altre zuccherose bontà ha svuotato di significato il dessert. Nonostante pasticceri stellati e cioccolatai pluripremiati si diano da fare per realizzare deliziose opere d'arte a base di zucchero, il dolce non ha più il significato di un tempo. La causa? La ricchezza e l'abbondanza delle nostre tavole che ha appiattito il senso di ogni pietanza.
Siete ancora increduli? Pensate al Pan Meìn, un dessert a base di farina gialla, farina bianca, zucchero, latte, burro, lievito, sale e fiori di sambuco. Quando lo si mangia? In teoria solo in alcuni periodi dell'anno, ma è facile ritrovarlo nei negozi quasi sempre. Eppure un tempo si mangiava a San Giorgio, il 23 aprile, in concomitanza con il rinnovo dei contratti del latte. In quell'occasione i lattai regalavano la panna che veniva consumata in abbinamento al delizioso biscotto.
Non siete ancora convinti? Eccovi un altro esempio: il pane bianco. Certo non è un dolce, ma questo pane era la base per un dessert dalle oscure proprietà curative. Stiamo parlando di un cibo semplice, il Michellacc, che veniva consumato solo se si era convalescenti o malati. Oggi nessuno si sognerebbe di alleviare le sofferenze di un ammalato con un semplice latte bianco con zucchero e pane, eppure solo mezzo secolo fa questo piatto potrebbe aver originato il detto milanese:
"El mesté del Michelass: mangià, bev e andà a spass" (che tradotto suona più o meno in questo modo "il lavoro del Michelass: mangiare, bere e andare a passeggio").
Non siamo certi che vi sia un nesso tra questo mestiere e il quasi omonimo dolce, ma di sicuro il lavoro del Michellass era il più ambito di tutti.
Altri esempi della commistione tra necessità e virtù sono riscontrabili nella Carsénsa di cui abbiamo già abbondantemente parlato o nel Pan con l'uga e nel Pan Imburlàa. Rimane però quella che è il solo e vero dolce delle nostre nonne: la Bertòlda. Si trattava di una torta - niente di quello di cui abbiamo finora parlato lo era - che ricorda la ben più famosa torta paradiso con alcune varianti negli ingredienti: farina gialla e anice. Non sappiamo in quale periodo si mangiasse, ammesso che ne avesse uno dedicato, ma siamo sicuri che era riservata alle occasioni uniche e speciali. Certo la pasticceria di oggi ci stupisce con sapori ricercati e invenzioni che hanno dell'incredibile. Bisognerebbe però capire se è più appagante gustare una fetta di torta in rare occasioni o se soddisfa di più poter variare quotidianamente tra migliaia di dolci alternative. Se ci basiamo su quello che diceva Gotthold Lessing a proposito del piacere, "L'attesa del piacere è essa stessa piacere", è fin troppo facile darsi una risposta.