Colza, alternativa al petrolio?

Campi gialli, di un giallo intenso, coprono in questo periodo le campagne dell’abbiatense. Ma qual'é la ragione di questa egemonia monocromatica? Nient’altro che una pianta oleaginosa della famiglia delle brassicaceae, la colza (Brassica napus), che in fioritura esibisce fiori gialli colorando il paesaggio rurale della nostra zona. La sua coltivazione nel milanese è iniziata recentemente anche in ragione delle spinta avuta dalla PAC (Politica Agraria Comunitaria) che ne ha incentivato la produzione per uso bioenergetico.

Dal seme di questa pianta, conosciuta anche col nome di ravizzone, si può ricavare olio per la produzione di biodiesel (850Kg/ettaro) che può essere impiegato come carburante nelle autovetture, in alternativa ai prodotti di origine petrolifera attualmente in uso. In Italia, tuttavia, il problema legato alla sua diffusione presenta aspetti da non trascurare. Il nostro paese, infatti, ha una SAU (superficie agraria utile) che non copre i 22 milioni ettari che dovrebbero essere coltivati a colza per soddisfare il fabbisogno nazionale di carburante, e quindi in ogni caso sarebbe costretta a comprare biodiesel da paesi stranieri. Questa problematica è in realtà facilmente superabile poiché il biodiesel prodotto, seppur non sufficiente a coprire l’intero fabbisogno nazionale, potrebbe andare a ridurre la dipendenza dalle sostanze petrolifere.

Inoltre, gli usi della colza non finiscono qui: l’olio da essa ricavato, infatti, può essere usato per integrare la dieta dei bovini, grazie all’alto contenuto lipidico (elevato contenuto di grassi vegetali). Questa coltura presenta però aspetti positivi e negativi, se da un lato potrebbe essere un efficiente surrogato dell’oro nero, aiutando anche a ridurre le emissioni di gas serra in atmosfera, dall’altro sottrae terreno per le coltivazioni destinate all’alimentazione umana che in ragione della crescita esponenziale necessità sempre di più cibo.

Foto: Stefano Marconi