bacioNon sempre la guerra genera tristi ricordi e aneddoti che varrebbe la pena dimenticare. A volte, in casi davvero rari, capita che le storie di combattimenti e prigionia si fondano a sentimenti e valori antitetici alla guerra: amicizia, solidarietà, coraggio e riconoscenza. È questo il caso della simpatia che sbocciò tra il comandante Enrico Ricci e George Pringle proprio durante il secondo, terribile, conflitto mondiale.

 

I combattimenti si avviavano ad una fase di stallo che avrebbe poi portato alla Resistenza partigiana e all'invasione delle truppe di liberazione. I tedeschi dominavano ancora e lo facevano anche in Italia dopo la caduta di Mussolini. Non tutti digerivano l'amaro compito di dar una mano ai sanguinari nazisti e nemmeno approvavano l'idea di combattere una guerra inutile e scellerata. Molti, infatti, pur essendo membri dell'esercito facevano di tutto per distanziarsi dal comportamento dei soldati tedeschi ancora ufficialmente alleati. Anche il comandante Enrico Ricci faceva la sua parte. Pur conservando il ruolo di comandante del campo di prigionia nella zona di Morimondo, Enrico fece il possibile per rendere più agevole e piacevole la permanenza dei soldati, soprattutto inglesi, detenuti a pochi passi dall'Abbazia.

 

Tra le cose che rendono onore al Comandante Ricci ci fu la consegna di ben 100 paia di stivali tedeschi dopo la richiesta espressa dal comandante Pringle che vedeva malridotte le scarpe dei suoi uomini. Questo fu il primo punto di contatto tra i due. L'odio e il disprezzo nei confronti dei nazisti fece poi da collante e permise la nascita di una bella amicizia. Un rapporto che si consolidò negli anni a seguire, tanto che Ricci fu il testimone di nozze di Pringle.

 

La storia del comandante Pringle e del suo amore per Fausta, una donna italiana che sposò al termine del conflitto, lo abbiamo già raccontato. Ciò che però è stato volutamente tralasciato è come mai un inglese e una donna italiana si siano conosciuti e poi innamorati. Come detto, Pringle era detenuto nel campo di Morimondo sorvegliato dagli uomini di Ricci. In sua compagnia c'era il disertore italiano Mario Maerna, originario di Castelletto di Abbiategrasso, che probabilmente lo aiutò a fuggire dalla prigione. Ed è facile pensare che grazie all'italiano, l'inglese raggiunse Palazzo Stampa a Castelletto. Lì incontrò la solidarietà italiana dei suoi futuri suoceri che, sfruttando la carnagione scura di Pringle e i suoi folti capelli neri, gli offrirono ospitalità spacciandolo per un lontano cugino.

 

Durò 18 mesi la latitanza del comandante inglese, alternando tranquilli momenti in casa a repentine fughe dalla finestra all'arrivo dei nazisti. Nei momenti più difficili, quando il controllo era ferreo, trovava rifugio nella legnaia attigua alle stanze da letto. Più di una volta capitò che i tedeschi tennero sotto tiro i futuri suoceri di Pringle nella convinzione che questi nascondessero il fuggitivo, di cui sapevano l'esistenza. Il pattugliamento era rigido e continuo specialmente lungo il Naviglio, con le barche dei nazisti che giornalmente solcavano le acque in cerca di partigiani e disertori. Proprio i partigiani, eroi della resistenza, si opponevano all'occupazione facendo saltare il ponte sul Naviglio che doveva continuamente venir ricostruito dai militari del Terzo Reich.

 

Il coraggio e la determinazione del comandante inglese non riuscirono nemmeno per un attimo a rimanere celate. Più volte sfidò con incoscienza i militari tedeschi andando ad aspettare la sua bella a Milano dove lavorava. Lì restava in attesa che la sua futura moglie uscisse dalla banca ed insieme tornavano con il tram. Spesso, per dimostrare il suo coraggio, sedeva affianco dei più alti ufficiali tedeschi in servizio sul tram riuscendo a celare la paura di un'eventuale riconoscimento. Una scelta assurda, direte voi, ma com'è noto:

 

 

"Se non ricordi che Amore t'abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato"

 

- W. Shakespeare

 

 

Un ringraziamento speciale ad Albert Pringle per il contributo.

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