querRicordi sbocciavan le viole... Così cantava De Andrè parlando di uno dei fiori più belli ed effimeri che nasce sulle rive dei nostri corsi d'acqua.

 

Anche Monica ha visto molte viole sbocciare e altrettante ne ha colte nella sua vita, soprattutto nel corso dell'infanzia trascorsa a Besate. Una storia come tante, con qualche sfumatura che la rende più ricca. Come il nonno agricoltore e padre di quattro figlie femmine, che suona come una condanna per il prosieguo della sua attività. Un uomo intraprendente che per alcuni anni guidò la Cooperativa di Consumo del paese in qualità di Presidente. Per i molti che non ricordano, o non hanno mai saputo, cos'è stata la Cooperativa di Consumo, basterà dire che fu una prima, embrionale, forma di filiera corta. Già, perché erano gli stessi contadini e allevatori a produrre ed esporre le merci da vendere. Il riso, il latte, il formaggio, la carne e le verdure popolavano i banchi di quel luogo di condivisione in cui la speculazione difficilmente poteva entrare.

 

Con il passare degli anni e l'arrivo delle auto, gli spostamenti resero più agevole reperire le risorse e altre attività aprirono i battenti. La Cooperativa fu trasformata dapprima in una trattoria alla mano con prodotti legati alla tradizione e una cucina piuttosto povera, poi una parte dell'Aia divenne una balera. Fu subito un successo. Le persone del paese trovarono un luogo di ricreazione in cui trascorrere ore senza il pensiero del duro lavoro nei campi o nelle industrie. Un divertimento semplice e sincero che sfociava spesso in un abbraccio collettivo. A stringersi in quell'abbraccio erano solo gli uomini del paese che cingevano il tronco di un'enorme quercia secolare che cresceva proprio nei pressi della balera.

 

Abitudini semplici, come quella di catturare le rane. Diverse le scuole di pensiero: chi le inseguiva al taglio dei prati quando gli anfibi spaventati correvano all'impazzata e chi invece con abile maestria le pescava. Curioso invece che almeno una volta sia stata la corrente elettrica il mezzo per la cattura. Intendiamoci, non la corrente utilizzata per fulminare questi poveri animali, ma un curioso sistema legato alla posa dei pali della luce dell'Enel. È noto, infatti, che i vecchi piloni in cemento avessero necessità di grandi buchi per la loro "piantumazione". E fu così che una notte, dopo che le buche furono scavate e i pali non ancora posati, tantissime rane vi saltarono dentro e furono incapaci di uscire. Il giorno seguente l'intero paese si radunò lungo la strada. I bambini, più piccoli e agili, vennero calati all'interno delle buche con il compito di realizzare una grossa caccia. Ci riuscirono in maniera magistrale e nei giorni successivi il risotto con le rane e la frittura di rane abbondarono sulle tavole di tutto il paese.

 

Chissà se il crescente interesse per le produzioni biologiche e a kilometro zero porteranno in futuro alla riapertura della Cooperativa di Consumo e al recupero di queste sane abitudini. E chissà se ad esempio verrà venduto il Crescione, un'erba che le ragazze del paese raccoglievano al bordo dei fossi insieme alle viole. E chi può poi dire se gli chef saranno in grado di riproporlo in insalata o magari panato come faceva la nonna di Monica per farle mangiare quest'erba amara. Nessuno può affermarlo con certezza, ma sappiamo che il passato spesso ritorna, come i nostri ricordi che credevamo lontani.

 

 

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