15092014195649 autunno1 700x30011 Novembre 1910

 

Nella famiglia Arrigoni, fittabili della cascina Ticinello presso Morimondo, nel 1890 viene al mondo Luigi. Fin da bambino mostra di possedere un'intelligenza vivace, oltre che una singolare sensibilità, e quindi viene avviato agli studi. Dopo il liceo, a 23 anni si laurea in Giurisprudenza a Pavia col massimo dei voti, ma solo una volta diventato avvocato scopre la propria vera vocazione: nel 1918 entra in seminario e nel 1922 viene consacrato sacerdote. Considerato sprecato per la cura d'anime, è segnalato alla diplomazia pontificia e il 27 novembre 1946, dopo alcune esperienze in capitali europee, arriva a Lima, in Perù, come nuovo arcivescovo e nunzio apostolico. Luigi, durante gli anni dell'università, torna a casa da Pavia in bicicletta e così descrive alla sorella Angela uno di quei viaggi in una giornata di novembre del 1910 (a scrivere, teniamolo presente, è un ragazzo di vent'anni e in quell’epoca ).

 

Come dirti il volo vertiginoso dei miei pensieri quando domenica, inforcata la bicicletta e lasciatomi dietro il gran cupolone della cattedrale pavese, correvo sulla provinciale di Abbiategrasso. Era un pomeriggio di novembre che aveva tutto il fulgore della primavera e il cielo tersissimo e tutto il fascino profondo dell'autunno nella campagna brulla e deserta. Il sole era freddo e inondava lo spazio di una bellissima luce d'oro e traeva riflessi d'oro dai lunghi filari fiancheggianti la strada. Tutt'intorno, nell'immensità del creato, un silenzio raccolto e grave come se la terra avesse tante cose da meditare, come se fosse presa da un bisogno prepotente di pace e di riposo. A tratti, i brevi sussurri della brezza passavano rapidi e volavano lontano come i ricordi del passato. Innanzi a me, altissimo e superbo, il monte Rosa innalzava verso l'azzurro i suoi fianchi poderosi e le candide cime, eretto come una sfida, una promessa, un ideale, sul piano triste e monotono. Tali i miei pensieri.

 

Dopo una corsa affannosa attraverso mediocri vicende e lotte aspre, senza aurora né vittoria, i miei pensieri cercavano di innalzarsi verso aure più serene e la contemplazione di un avvenire che avesse bagliori di luce, e attraverso la nebbia e le tempeste cercare sempre più in alto, in alto, il sereno. Passai così, senza accorgermene, Bereguardo, la Motta, Besate. Giunto vicino a Coronate dovetti per forza scendere un momento a contemplare il meraviglioso tramonto che si avvicinava. Lontano, la cerchia delle Alpi spiccava altissima con le innumerevole sue vette dalle forme svariate e bizzarre.

 

Sotto, ai miei piedi, la grande vallata, qua verde e là chiara, là nereggiante nell'ombra fitta dei boschi. A sinistra della strada, sul ciglio della vallata, l'abside e il bel tiburio ottagonale dell'abbazia di Morimondo, tutti accesi color di fuoco dominavano la vallata, misticamente grandiosi e sereni. Domani è S. Martino. Dopo dieci anni, è questa la prima volta in cui ho la fortuna di trovarmi a casa in un tal giorno e poter osservare lo spettacolo dei contadini che partono, dei contadini che arrivano. Sotto il vento che mugola ed accavalla le nubi del cielo, per le strade pantanose e infide, vanno. Tutta la loro povera roba viaggia con essi. Un letto, qualche masserizia, delle pentole che cozzano e tintinnano attaccate a un palo. Essi vanno, mentre altri, per le medesime strade, sotto il medesimo cielo, vengono ad occupare quella casa che un'ora prima era di altri. Perché vengono, perché vanno? Mistero. Ancora il lavoro li attende nelle nuove sedi, ancora le stesse gioie e gli stessi dolori. Perché si agitano tanto? L'uomo ha dunque bisogno di illusioni per reggere il destino della vita? Lascio a te la risposta.

 

 

La lettera ci è stata cortesemente messa a disposizione dalla signora Emilia Tagliabue di Abbiategrasso, nipote del vescovo Arrigoni.

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